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ANNO ACCADEMICO 1967/1968
1) Le
ultime feste delle matricole
Nell’anno
accademico 1966/1967 Giorgio venne a trovarmi da Torino per la mia prima festa
della matricola. Per partecipare alla festa aveva dovuto esibire un
lasciapassare che in seguito aveva conservato, senza che io lo sapessi... Ora,
mentre sto scrivendo, ce l’ho davanti agli occhi... Non posso negare l’emozione
provata nel vedere questo commovente cimelio dopo tanti anni...
La
mia prima festa da studentessa universitaria fu una festa molto elegante, ma io
mi presentai al mio “lui” con un vestito semplice, come quando partecipavo alle
feste liceali.
La
folla era straripante, ma noi non la vedevamo. Contava solo il nostro mondo.
Nelle persone che ci giravano intorno a stento riconoscevo alcune delle mie
compagne più grandi, elegantissime nei loro vestiti lunghi.
Era
il 6 dicembre 1966 e finalmente avevo rivisto Giorgio dopo l’estate. Il mio
cuore batteva forte mentre ballavamo... Fu una serata intensa, tutta nostra, e
non ci sembrava vero poterci parlare a tu per tu guardandoci negli occhi...
Nell’anno
accademico 1967/1968 la mia seconda ed ultima festa della matricola fu un po’
diversa, ma solo nel vestito. L’amore per il mio lui invece era rimasto
immutato, profondo come sempre.
Mia
zia Laura mi aveva fatto una sorpresa: mi aveva cucito un vestito semilungo
color verde acqua, molto semplice, con dei brillantini attorno alla scollatura.
Mi piaceva moltissimo e le fui molto grata... il mio sguardo riluceva, i miei
occhi apparivano luminosi e sembravano ancora più verdi per il riflesso della
stoffa di similseta...
Giorgio
da Torino e Michele da Roma vennero a trovare me e Paola B. per l’occasione
della festa della matricola, e non ci sembrò vero avere vicino i nostri ragazzi
per un’intera giornata. Grazie di cuore, Paolo Macrì, per la tua gentilezza che
permise a Giorgio e a Michele di rimanere un giorno in più a Milano, usufruendo
dell’ospitalità dei tuoi amici.
La
festa aveva richiamato tantissime persone. Mai vista tanta folla nei locali del
CUSM!
Io e
Giorgio eravamo come in trance in quel mare di gente che parlava guardandosi
negli occhi e sorridendo. Anche noi, come loro, ci parlavamo con lo sguardo.
Eravamo giovani ed innamorati e sognavamo un futuro insieme, per sempre...
Passammo la serata a ballare, soprattutto i lenti, e a parlare del futuro, tra
un bacio e l’altro.
Forse
mancavano solo due anni alla sua laurea, mi disse Giorgio, con il suo sorriso
affascinante e lo sguardo luminoso. Ancora due anni e avremmo potuto cominciare
a fare dei progetti per la nostra vita insieme. Il nostro matrimonio si
profilava per la prima volta all’orizzonte. Il cuore mi batteva forte per
l’emozione.
Anch’io
mi sarei impegnata al massimo come lui, dissi. Non vedevo l’ora di cominciare
la nostra vita insieme e costruire la nostra famiglia. Chissà dove, ci
chiedevamo, ma questo non ci importava, qualunque paese sarebbe andato bene,
anche l’America!
Quella
serata ci rese ancora più forti e determinati. Avremmo vinto qualunque
ostacolo...
Ma
non potevamo mai immaginare quella sera quanti ostacoli la nostra generazione
avrebbe trovato....
Quella
fu l’ultima festa della matricola. Il ’68 mise la parola fine a qualunque forma
di goliardia e quindi anche alle feste delle matricole. Un periodo gioioso,
spensierato era finito per sempre!!!
Iniziava
un periodo difficilissimo. E nel ‘69 ci sarebbe stata Piazza Fontana. E poi
ancora e ancora tanto spargimento di sangue. E nel ‘78 persino Aldo Moro sarebbe stato ucciso dalle
Brigate rosse...
E
poi ancora il declino, lento ma inarrestabile, del nostro paese.
Molto
si è scritto sulla fine dei mitici anni ‘60, che tanto ci avevano illuso.
Non
spetta a me scriverne ancora.
I
miei saranno solo brevi flash su come il CUSM visse gli anni dal 1967 al 1970,
quando lasciai definitamente il nostro amato Collegio.
2) Il
‘68 e la divisione politica nel CUSM
Il
‘68 a Milano cominciò con l’occupazione dell’Università, con le manifestazioni,
con le assemblee interminabili. La partecipazione alle manifestazioni era
massiccia. Gli slogan duri e minacciosi. Ne ricordo soprattutto uno: ”Fascisti,
borghesi, ancora pochi mesi”.
E
ricordo la moto che era in prima fila in molte manifestazioni. Sembrava guidare
la folla degli studenti.
“Al, Al, Al Fatah, Al Fatah vincerà!” era lo
slogan gridato dai due motociclisti e ripetuto dalle prime file del corteo.
Sono
passati 56 anni da allora e mi chiedo che cosa sia rimasto di tutte quelle certezze.Lentamente ma
inesorabilmente il clima nel Collegio cambiò.
Mi
colpì molto la fine di alcune amicizie. Alcuni ragazzi erano iscritti al P.C.I.
Tra questi uno era il
ragazzo
di una delle mie amiche. Era molto preparato politicamente e sognava di darsi
definitamente alla politica una volta laureato. Ebbene, con il tempo, molti
gruppi di amici si spaccarono in due o tre tronconi: non mangiavano più allo
stesso tavolo, non sedevano più vicini nei pullmann che ci portavano
all’università. “Lotta continua” e “Potere operaio” li avevano affascinati e il
P.C.I. era diventato il loro nemico. Non solo il P.C.I., ma tutti i partiti
presenti in Parlamento, mentre le formazioni in cui erano entrati venivano
definiti gruppi extraparlamentari.
3) Gli
studenti algerini
Nel
nostro Collegio vivevano anche degli studenti algerini, probabilmente di ricche
famiglie, che frequentavano il Politecnico per diventare ingegneri. Qualcuno di
loro era già stato in Francia, ma poi aveva preferito l’Italia.
Noi
ragazze eravamo curiose e chiedevamo notizie sugli studi delle loro sorelle. Ci
sembrava strano che tra noi non ci fosse nemmeno una studentessa algerina...
Loro tacevano, si chiudevano in se
stessi
e la risposta alle nostre domande era il loro riserbo. Non fu difficile capire
dal loro silenzio come vivessero le ragazze algerine... E ci dispiacque.
Una
volta rimanemmo a parlare con gli studenti algerini su Al Fatah. Si era formato
intorno a loro un piccolo gruppo che aveva partecipato alla manifestazione più
recente. C’eravamo anche io e Titti e c’era il ragazzo di Baveno. Pieno di
rabbia uno degli algerini ci parlò del sionismo, che già dal 1897 si era posto
l’obiettivo di riportare gli Ebrei nella Palestina. Ricordò a noi, che eravamo
studenti italiani e avremmo dovuto saperlo, che gli Ebrei erano stati cacciati
dalla Palestina già dai Romani, ai tempi dell’imperatore Adriano. Nei secoli
successivi il territorio perciò si era reso libero per altre popolazioni, tra
cui i Palestinesi.
A
questo punto il ragazzo di Baveno cominciò a difendere gli Ebrei, che secondo
lui avevano il diritto di tornare in Palestina “perché avevano tanto sofferto
durante la seconda guerra mondiale”.
La
reazione dello studente algerino fu decisamente irrisoria e ci colpì in
profondità...
“E’
vero, ma se hanno sofferto così tanto mi spiegate come mai voi non avete
regalato loro la Lombardia?”
Già,
perché?
Il
gruppetto si sciolse velocemente. Era inutile continuare a parlare.
Era
evidente che sia gli Ebrei che i Palestinesi ritenevano di avere diritto a
quella terra per motivi diversi.
Chi
aveva ragione?
Mentre
tornavo in camera mia mi colpì un’idea che ancora oggi mi fa riflettere...
Ma
se nel 1948 si fosse creato un solo stato per entrambe le popolazioni, non
sarebbe stato più facile raggiungere la pace? Perché erano stati creati due
stati? E quali potenze avevano voluto due stati per quelle popolazioni? Chi
aveva manovrato i fili dall’alto?
Ancora
oggi mi chiedo di chi sia stata la colpa di questa guerra eterna che ancora
adesso fa vittime.
4) L’intervista
sul ’68 alle nuove matricole
All’inizio
del ‘68 venne nel nostro collegio una giornalista di Annabella per una
intervista alle ragazze. Io ero ormai un “fagiolo” e mi ritrovai a passare per
caso vicino ad un gruppetto delle
nuove
matricole.
Loro
erano piuttosto incerte nel rispondere alle domande e piuttosto conservatrici.
La
loro idea principale era che si doveva manifestare, ma senza esagerare.
La
giornalista, un po’insoddisfatta, le salutò velocemente, doveva intervistare
anche le liceali
milanesi!!!
E
subito dopo le giovani matricole incapparono in Stefano Zecchi, piuttosto
divertito perchè aveva ascoltato tutto!!!
Le
ragazze entrarono nella sala mensa manifestando a voce alta la loro gioia per
l’intervista... si erano sentite molto importanti manifestando le loro idee!!!
E il
vocione di Zecchi espresse alle malcapitate il suo pensiero...
“Beh,
solo Annabella poteva intervistare voi!” Loro lo guardarono incerte. Era
difficile interpretare il suo pensiero, ma forse erano riuscite a captare
l’ironia...
Io
tornai in camera piuttosto irritata, sia verso Zecchi, così freddo e superbo,
sia verso le nuove matricole, incapaci di reagire in qualche modo
all’atteggiamento di superiorità dello Zecchi. Di quanto tempo quelle ragazze
avrebbero avuto bisogno per crescere? Forse un anno, come era capitato a noi...
5) Domenico Carbut detto Mimmo
Mimmo
ancora oggi è uno dei miei più cari amici. Lui entrò nel CUSM nell’anno
accademico 1967/1968. Frequentava il Politecnico per diventare ingegnere ed era
sempre aperto a nuove amicizie. Era cordiale ed amichevole con tutti, ma a
volte un velo di malinconia gli offuscava il viso. Erano quei momenti in cui si
sdraiava su una delle poltrone della sala soggiorno e guardava in silenzio il
cielo. Io mi chiedevo che cosa trovasse di così interessante nell’osservare a
lungo il cielo,
oppure
il giardino del CUSM, in quella postura così scomoda. Mi sembrava che la sua
malinconia
fosse
simile alla mia, quando la nostalgia per Giorgio o per la mia famiglia si
faceva sentire forte... La mia curiosità mi spinse una volta a chiedergli
perché si mettesse così sdraiato... E la sua risposta gentile mi fece scoprire
un creativo/nostalgico, portato anche agli studi umanistici. Mi disse che gli
sembrava di guardare il mare di Bari ed immaginava di essere nella sua città
natale. Sentiva la mancanza delle sue passeggiate nelle strade del centro ed
aveva nostalgia del lungomare barese... A questo punto capii di aver trovato un
fratello!!!
E
dopo tanti anni anche lui divenne uno scrittore! Avevo avuto buon occhio,
quando per la prima volta mi aveva parlato delle sue nostalgie! Ha già scritto
due romanzi e di sicuro ne scriverà ancora!
6) Danila Zadra
Danila
Zadra era di Gardone Val Trompia, un paese di montagna vicino a Brescia.
Aveva
nel parlare una pronuncia cantilenante molto gradevole. Studiava lettere
moderne e prendeva il mio stesso pullmann per andare all’Università. Era timida
e riservata e, come spesso capitava alle matricole, dava l’impressione di
essere un po’ spaventata per quello che l’aspettava.
In
realtà era solo incerta nell’organizzazione dei suoi studi. E comunque mi dava
l’impressione che fosse determinata nel voler raggiungere gli obiettivi che si
era prefissi.
Era
elegante, pur vestendo semplicemente, ed era molto curata nella scelta dei capi
di lana morbidissimi che indossava.
Ho
saputo solo molti anni dopo che suo padre lavorava alla Beretta e che lei
apparteneva ad una famiglia benestante della media borghesia.
Cominciai
a darle qualche consiglio, come quelli che Giampiera aveva dato a me nell’anno
accademico precedente. Qualche volta pranzavamo assieme, e così conobbi anche
le sue amiche di Gardone.
E a
volte Mimmo cominciò ad unirsi a noi.
7) Le
sorelle Bagliani
Le
sorelle Bagliani coglievano l’attenzione di molti quando entravano nella sala
mensa. Colpiva la
loro
andatura, di cui forse non si rendevano conto... Marinetta camminava piegandosi
un po’ in avanti, l’altra andando all’indietro: indubbiamente entrambe non
avevano una postura diritta! Pensavo che non se ne accorgessero e invece sì,
erano consapevoli del loro modo di camminare e del fatto che avrebbero dovuto
modificare il loro incedere andando in palestra; me lo dissero un giorno mentre
si chiacchierava del più e del meno nella sala mensa... Giustificarono la loro
pigrizia per la ginnastica dicendo che non ne avevano il tempo, avevano ben
altro di cui occuparsi!!! Ma di che cosa
si interessavano veramente?
Studiavano
lettere volentieri e non perdevano tempo. Amavano coltivare le amicizie ed
avevano formato un simpatico gruppetto con cui uscivano a volte anche di
domenica. Il nostro blog conserva una foto del loro gruppo di amici, che li
ritrae felici e sorridenti. Marinetta era fidanzata con uno chef che era andato
a lavorare a Parigi, cosa che la preoccupava perché non riusciva ad immaginare
come la loro storia sarebbe andata a finire; l’altra, di nome Giusy, non aveva
al momento nessuna storia. Erano amiche anche di Domenico Seminerio, con cui
intrecciavano discorsi interessanti durante l’ora del pranzo. Qualche volta
capitò anche a me di pranzare con loro. Ed anche a Mimmo e a Danila...
Ad
un certo punto le due sorelle si misero
in testa che Mimmo non fosse adatto a “fidanzarsi” con Danila, e decisero di
“proteggerla”. Il motivo? Non si sa... A me dissero semplicemente che non erano
adatti l’uno all’altra e che bisognava fare in modo che non si formasse una
coppia.
Per
questo discorso le considerai intriganti ed impiccione e, convinta che Mimmo e
Danila fossero
in
grado di fare le loro scelte, smisi per un po’di sedermi al tavolo delle
Bagliani. Mimmo, però, un giorno aveva visto che la Giusy si era fermata a
“parlottare” con me e per questo pensò che anch’io fossi contro di lui. Mi ci
volle un po’ di tempo per convincerlo che fin dal primo momento non avevo
gradito il comportamento delle due
sorelle, secondo me troppo invadenti. Fortunatamente l’amicizia di Mimmo e
Danila, nonostante i maneggi delle due sorelle, si trasformò presto in un
sentimento profondo che sfociò in un legame molto forte!!!
8) Domenico
Seminerio
Domenico
dava l’impressione di essere (e lo era) molto più maturo di noi ragazze.
Parlava in modo
pacato
e le sue riflessioni non risultavano mai banali. Mi torna in mente un esempio
di conversazione controcorrente.
Mi
ero seduta all’ora di pranzo ad un tavolo con le sorelle Bagliani e con lui,
che all’inizio del ’68 conoscevo solo un po’ superficialmente: non sapevo
infatti se abitasse nel Collegio o se venisse solo per parlare con i suoi amici
ed amiche. Oltre a studiare lavorava e di questo ero certa perchè alcuni suoi
amici lo avevano sottolineato più di una volta. Per questa scelta anche io lo
stimavo molto. Era siciliano e molto affezionato alla sua terra, dove pensava
di ritornare non appena si fosse laureato. Quel giorno Marinetta e Giusy
cominciarono a sostenere che la Sicilia, per uscire dalla miseria, aveva
bisogno dei sindacati che sicuramente avrebbero aiutato gli operai. Domenico
prima le guardò in modo scettico e poi, con un tono di voce tranquillo e
sicuro, affermò che la sua terra, prima dei sindacati, aveva bisogno di
imprenditori onesti in grado di assumere i disoccupati dopo aver offerto loro
dei corsi di formazione. Le due sorelle rimasero molto stupite, perchè era la prima
volta che qualcuno di loro conoscenza auspicava con forza le iniziative degli
imprenditori... Entrambe cominciarono ad ascoltarlo con attenzione, perché era
difficile trovare nel CUSM un ragazzo così in gamba, capace di esprimere un
pensiero diverso da quello della solita maggioranza. Seppi qualche tempo dopo
che lavorava come correttore di bozze alla Mursia, lavoro facile ma impegnativo
per il tempo che bisognava utilizzare, mentre lui lo avrebbe dedicato più
volentieri alla preparazione della sua tesi.
Nel
’68 e nel ’69 abitò nel CUSM, ma nei primi mesi del ’70 sparì dalla
circolazione per ovvi motivi legati alla tesi. Ci vuole concentrazione e
silenzio per scrivere, e il nostro collegio non era il luogo più adatto...
E
venne finalmente il giorno tanto ambito. Nel luglio del 1970 Domenico, con 110
e lode, si laureò
in
paletnologia con il professore Ferrante Rittatore Von Willer !!! Fu una vera
festa quella che Domenico organizzò per tutti i suoi amici più cari, che si
congratularono con lui e lo lodarono sia per la qualità della tesi, sia perchè
non è facile lavorare e studiare e raggiungere un risultato così brillante.
Dopo
qualche giorno tornò in Sicilia, a Caltagirone, lasciandosi per sempre Milano
alle spalle, e cominciò a collaborare con gli archeologi Bernabò Brea e Paola
Pelagatti.
La
sua vita è stata sempre molto varia e ricca di attività, e lo è ancora adesso.
Scrittore e professore di liceo classico, può essere considerato un fiore
all’occhiello sia per l’Università Statale di Milano che per la sua splendida
regione. Ed anche per tutti noi del CUSM e per la sua meravigliosa famiglia.
9) Tiziana
Begarani
Tiziana
era molto simpatica ed amichevole, sempre sorridente, e faceva parte del gruppo
delle Bagliani. Studiava lettere moderne ed era molto interessata alla storia
delle donne durante la Resistenza. Di me e di lei si diceva che avevamo il
sorriso più bello del CUSM, ma la cosa ci imbarazzava un po’... In fondo
eravamo appena carine! Lei studiava sodo, ma lavorava anche, quel tanto che
bastava per arrotondare il proprio gruzzolo. C’era un nostro amico, esterno al
CUSM, che lavorava in una piccola casa editrice per pubblicare una enciclopedia
per ragazzi. Lei era decisamente in gamba e scriveva velocemente degli articoli
molto ben fatti che le venivano pagati lautamente ...
Conobbe
poi un ragazzo che desiderava diventare sacerdote, Pierluigi detto Pigi, e per
la prima volta nel CUSM si parlò dei preti operai...
10)
Don Franco
Ogni
domenica nel teatro del nostro Collegio si celebrava una Messa e parecchia
gente vi partecipava, nonostante la grande varietà di idee politiche presenti
nel CUSM. Don Franco mi sembrava molto diverso da altri sacerdoti che mi era
capitato di conoscere durante il liceo. Era giovanile pur avendo una
cinquantina di anni, ed avevo l’impressione che avesse colto tutte le novità e
le sfumature del Vaticano II. Sicuramente non era né bigotto, né oscurantista.
Il pensiero di Martin Luter King in parte era vicino al suo e noi rimanevamo
incantati durante le sue omelie. Dialogava con noi con semplicità e con
disinvoltura, anche durante le confessioni, e per questo avevamo fiducia in
lui.
11)
Francesco Paolo e le bandiere del primo maggio
Francesco
Paolo Colucci era uno degli studenti che stimavo di più. Studiava filosofia ed
era molto in gamba. Nel ‘68 la passione per la politica lo aveva conquistato in
profondità. E non era certamente il solo! Nel pomeriggio del primo maggio,
festa del lavoro, lui ed alcuni suoi compagni issarono delle bandiere rosse sul
piano più alto del Collegio. Il sole illuminava il rosso dei vessilli e
richiamò fortemente l’attenzione degli automobilisti che correvano veloci in
via Fulvio Testi. Qualcuno nella strada, inviperito, si fermò e pensò bene di
avvisare il vicedirettore Dettori, che salì immediatamente fino al tredicesimo
piano per richiamare all’ordine Francesco Paolo e i suoi amici.
“Niente
da fare!!! Le bandiere rimangono al loro posto e si ritirano al tramonto!!!”
Questa fu la ferma opposizione degli studenti. Ma la reazione del vicedirettore
fu eccessiva. Ancora oggi l’impressione di alcuni di noi, ormai anziani, è la
stessa di quei giorni: il Dettori si diede la zappa sui piedi!!! Povero
Dettori! Fece stampare e porre, in più luoghi del CUSM, molti avvisi
dattiloscritti, in cui si affermava che il Collegio era occupato. Potete
immaginare il caos, quando tutti gli studenti lessero “COLLEGIO OCCUPATO”!!!
Immediatamente il direttore del CUSM, professor Deotto, fu costretto a venire in
Collegio, dove convocò Francesco Paolo Colucci, ritenendolo il responsabile
della cosiddetta occupazione. Mentre i due stavano parlando, Stefano Zecchi ed
un gruppo di compagni pensarono bene di intonare “Bandiera rossa”, peggiorando
ancora di più la situazione di Francesco Paolo. In realtà l’occupazione del
Collegio era stata una voluta interpretazione del Dettori: temendo che le
bandiere non sarebbero mai state ritirate, né al tramonto, né dopo, il
vicedirettore aveva inventato il peggio, cioè la presa di possesso del CUSM da
parte di alcuni studenti guidati dal Colucci!!!
Francesco
Paolo Colucci pertanto venne espulso dal Collegio. Dovette lasciare
immediatamente il Collegio e cercare un’altra abitazione.
“Francesco
Paolo cacciato dal CUSM?” Nessuno ci credeva! Non potevamo nemmeno immaginare
che fosse accaduta una cosa del genere proprio a lui!!! Persino gli studenti
privi della sua visione politica rifiutavano di accettare una cosa del genere!
“E se avesse solo scherzato?” disse qualche nuova matricola che non si
interessava di politica.
Ben
presto il professor Deotto divenne rettore dell’Università.
A
questo punto un gruppo di docenti universitari, tra cui il professor Geymonat,
convocò un’assemblea nel CUSM, in appoggio a Francesco Paolo Colucci.
Stefano
Zecchi curò la raccolta delle nostre firme e la maggioranza di noi cusmini e
cusmine aderì volentieri all’iniziativa di appoggiare il nostro amico.
Come
andò a finire? Francesco Paolo tornò tra noi e si avviò velocemente verso la
brillante conclusione dei suoi studi, che lo resero ben presto un vivace
docente universitario di psicologia dell’Università Statale di Milano.
12)
Orietta Giumelli
La
Giumelli era una ragazza disinvolta e sempre sorridente. Mi era simpatica
perché non si dava mai delle arie. Nei fine settimane ritornava quasi sempre a
Sondrio, dalla sua famiglia, ed usava la macchina che le avevano regalato i
suoi genitori. Una volta si fermò a parlare con me proprio di questo regalo.
“Non l’ho chiesto io - mi disse - perché non mi piace esibirmi, quando tanti
altri ragazzi sono costretti invece ad andare a casa con i mezzi pubblici!!! Ma
non ho potuto dire di no ai miei genitori che sono sempre in pensiero e
desiderano vedermi presto a casa per godere della mia presenza... Cerco di
ripagarli studiando e cercando di avere dei bei voti. Loro sono felici così...”
Suo
padre era un medico che da giovane aveva partecipato anche alla Resistenza. Era
molto felice ed orgogliosa per questa scelta di gioventù di suo padre, mi disse
sorridendo. Che bella famiglia, pensai!
13)
Il ragazzo con la Porsche
Intanto
si avvicinava velocissimo il momento degli esami di giugno/ luglio. Noi
borsisti dovevamo stare molto attenti: nella prima sessione era necessario
superare con la media del 27 almeno due esami, altrimenti rischiavamo di non
ottenere più la borsa di studio per il successivo anno accademico.
Dopo
aver superato brillantemente il primo esame piuttosto complesso, mi resi conto
che il tempo ormai stringeva per la preparazione del secondo. Mi tuffai perciò
nello studio della numismatica antica, un esame complementare, quindi
abbastanza facile. Avevo perso però molto tempo e purtroppo mi rimaneva solo
l’ultimo appello per essere esaminata. Ed inoltre dovevo risultare promossa a
pieni voti!!!
La
mattina dell’esame, dopo aver raccattato nella mia borsa tutti gli appunti che
mi servivano per il
ripasso,
mi precipitai fuori dal Collegio per prendere al volo il pullman per Festa del
Perdono.
Purtroppo
lo persi e mi sentii disperata... Mi vennero persino due lacrimucce agli
occhi... Come avrei fatto a raggiungere in tempi brevi l’università? Per
raggiungere la metropolitana di Sesto ci voleva almeno una mezz’ora a piedi, ed
un’altra mezz’ora di metro per raggiungere via Festa del perdono... Ed ecco il
miracolo! All’improvviso comparve vicino al cancello del collegio una Porsche.
Non conoscevo il ragazzo che la stava guidando. Provai a fermarlo agitando la
mano, ma senza speranza. Invece miracolosamente lui si fermò e con un sorriso
mi fece salire, chiedendomi se era capitato anche a me di perdere il pullman,
come era successo a tanti suoi amici. Mi sentii a mio agio per la sua
gentilezza, così gli raccontai che quel giorno avevo il mio ultimo appello per
il mio secondo esame della sessione di giugno/luglio. Se non avessi superato
l’esame avrei perso la borsa di studio per l’anno accademico successivo.
Piuttosto intimidita chiesi se poteva accompagnarmi fino alla metropolitana di
Sesto...
“Assolutamente
no” mi rispose. Mi venne un tuffo al cuore e mi vergognai per quella che mi
sembrava una critica alla mia sfacciataggine! Invece si trattava di una
gentilezza...
“Non
ce la faresti a giungere in tempo, te l’assicuro” aggiunse sorridendo... “Ti
accompagno io fino all’Università, vedrai che andrà tutto bene, arriverai in
tempo!”
La
Porsche cominciò a volare. Lui guidava concentrato, io lo guardavo silenziosa.
Osservavo il suo profilo che mi suggeriva gentilezza e sicurezza di sé. Non
aveva manifestato fastidio per la mia richiesta, era veramente un gentiluomo.
Non conoscevo nemmeno il suo nome, chissà come si chiamava questo angelo
tutelare. Chissà... forse Francesco! Sì, Francesco gli stava veramente bene!
Mentre
in silenzio giocavo con i nomi, eravamo già arrivati vicino a Festa del
Perdono. Lui venne ad aprirmi la portiera della macchina e con un sorriso di
augurio e la sua dolce cadenza veneta mi disse “In bocca al lupo, vedrai che
supererai l’esame con facilità! E rimarrai anche l’anno prossimo al CUSM.” Io
sorrisi grata e corsi verso l’aula dove sarei stata esaminata. Ero un po’
disorientata tra la folla che la riempiva, ma riuscii nonostante tutto a
concentrarmi durante l’esame e con un bel 28 conclusi l’ultima giornata dei
miei esami di luglio... Non vidi mai più l’angelo tutelare. A settembre era
sparito. Non seppi mai se si fosse laureato o se avesse cambiato dimora, ed
ancora oggi non saprei quale fosse il
suo nome, se non me l’avesse suggerito in questi giorni un caro amico di buona
memoria: si chiamava Bruno Venier e si era laureato in ingegneria meccanica!!!
NdR : il precedente capitolo "Cusminorum Fragmenta" è archiviato
in "2.96 cronache da bacheca" (22 maggio 2023),
colonna sx del BLOG (versione web)
Pietro Maddaluna et Giacomo Zerilli, Giovanni Leo e (.. & Co)
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